Lunedì mattina, mercato settimanale, giornata di sole. La vita scivola godereccia e profumata tra i banchi dei venditori ambulanti. Ma cosa sta succedendo accanto al camioncino dei salumi e formaggi? Sento delle risate inondare l’aria e alcune frasi che arrancano attraverso uno strano accento italiano. Mi avvicino. Lo spettacolo è esilarante. Improvvisamente mi sento contagiata da una sensazione di allegria e sempre più curiosa cerco di capire cosa sta succedendo attorno al trionfo di caciocavalli appesi come reali trofei. L’aria profuma di mortadella e salame. Le risate si fanno sempre più fragorose. Finalmente capisco.
Siamo al sud, ricordo, qui le emozioni si condividono, l’ospitalità è sacra, come gli affetti, come la devozione. Qui vendere anche un caciocavallo significa raccontare e regalare una storia. E il salumiere dall’alto del suo furgoncino sta raccontando proprio una storia, quella del suo successo in Cina. Sta raccontando di quella volta che un “Giornalist cinese” ha fatto (perché per lui gli articoli si fanno, non si scrivono) un articolo sul suo strepitoso furgoncino di salumi, articolo rigorosamente pubblicato su un “Cinese giurnal”. Ed ecco, come per magia, che tra una mortadella e un salame sbuca il giornale, completamente scritto in cinese, orgogliosamente sventolato dal salumiere come una medaglia al valor civile. Esistono le prove: il suo furgoncino ha avuto un successone anche in Cina. Sposto lo sguardo sugli spettatori; sono letteralmente euforici, stringono tra le mani un bicchiere di plastica pieno di vino e grandi fette di caciocavallo. Sembrano in adorazione. I loro occhi hanno la grandezza dell’estasi mistica stampata nelle iridi; vorrebbero inginocchiarsi, ne sono sicura, per pregare quel buffo salumiere di donare ancora, come un dio, generosamente.
“No, più migliore della mozzarella!!! Questo lo made noi, qui in Puglia. You stend??? Capisci?” continua DIOSALUMIERECACIOCAVALLO.
Finalmente capisco: sono turisti inglesi che stanno assaporando il profumo della nostra terra, condensata in quello spicchio di formaggio. Perché in quella fetta c’è il sapore della nostra erba a primavera, il lavoro dei nostri agricoltori, la maestria dei nostri caseari, il calore del sole, la felicità del vento. Vogliono immortalare il loro momento di felicità italiana. Mi propongo per fare la foto e li sento discutere della bontà di quel pezzo di formaggio, quasi come se fosse una delle opere d’arte più importanti al mondo o l’ultimo ritrovato della scienza per beffare la morte.
Sono felici, felici davvero. Scatto la foto. Guardo i loro occhi. Capisco.
Forse vivere qui, o vivere al sud, come qualcuno dice inarcando strani accenti, vuol dire avere la felicità condensata in un pezzo di caciocavallo, vuol dire trovare sempre qualcuno a regalarti un frammento della sua vita, delle sue storie, della sua ospitalità. I turisti sono molto Happy, si assicurano che la foto sia stata scattata e mi ringraziano. Sono sicura che anche loro renderanno famoso il nostro simpatico salumiere e forse questa volta si parlerà di lui su un giornale Made in England.