UN TRENO, L’ITALIA E UNA VALIGIA DI POESIA

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Bella l’Italia. Bella signora agghindata, elegante e colorata. Bella la sua essenza bizzarra e multiforme. Belli i volti della sua gente, così simpatica e così geneticamente provinciale, di quella provincialità che custodiamo ricamata nel DNA della nostra appartenenza congenita ad un paese strampalato e informe, stracolmo di sfumature, dialetti e paesaggi. Bella l’Italia in movimento, l’Italia che incontri sui treni di una rete ferroviaria che cerca di attraversare un territorio tanto diverso, provando a tenerci tutti insieme, tessendo una ragnatela di stazioni che hanno il riflesso cangiante delle nostre tante regioni. Bella l’Italia che incroci sui treni, l’Italia che sa di casa e di pettegolezzo, l’Italia che ti ricorda ovunque l’occhietto vispo della tua vicina di casa, l’accento del tuo piccolo microcosmo di provincia o il ricordo lontano di un posto che hai visitato quando eri bambino.

Un viaggio in treno ti regala la bellezza dell’appartenenza ad un popolo che riconosci in te stesso… Allora ti riscopri ad ascoltare storie che sono tanto simili alle tue e ti accorgi che non sei sola e che altre ragazze, come te, hanno chiuso il futuro in una valigia sperando che quella chiamata potesse davvero cambiare tutto. Ti accorgi che ci sono tanti tipi di viaggio, ma ognuno di essi lascia una piccola piega accanto al cuore. Ti accorgi che la nostra Italia non si è ancora arresa e prova a correre ogni giorno sui treni della nostra rete ferroviaria alla ricerca spasmodica di un sogno, del futuro o di un abbraccio lontano rinviato per troppo tempo.

Bella la mia Italia, belli i suoi paesaggi così vari, pennellate di un dipinto di insolita maestria, curato nei dettagli delle sue infinite sfumature.

Bello il mio popolo, belle le sue donne anziane e simpatiche, capaci di chiacchierare per tutto il tempo di una lunga tratta per raccontarsi, durante il viaggio, le tappe di una lunga vita passata a ingoiare delusioni e battaglie, custodite nella profondità delle rughe del volto e nella luminosità di un sorriso di chi alla fine ci è riuscito ad essere un po’ felice. Belle le mie signore vestite di colori e di perle che mi hanno suggerito, tra uno sguardo e l’altro, che si può sopravvivere ad un amore finito, ad un figlio scapestrato e chissà a quale altra calamità naturale. E alla fine ci si può agghindare di colori, stringere una collana di perle al collo, essere belle, imparare ad usare uno smartphone, fare la valigia e concedersi un week end alle terme in compagnia di un’amica simpatica.

Bella “Princesa”, che non ha paura della sua minigonna, dei suoi tacchi, del suo trucco marcato. Bella “Princesa”, che urla al telefono di voler cambiare vita, urla la sua voglia di libertà e la sua voglia di fuggire da quell’amore nascosto, da un amante vigliacco che ha paura della sua stessa natura. Bello il suo sorriso che profuma di esotico, bella la sua pelle colorata da radici lontane di quel paese ustionato dal sole e profumato di caffè, bella la sua anima che urla la necessità di un volo liberatorio, che urla il suo coraggio e il peso della sua valigia tirata con decisione dai suoi muscoli di uomo. Bello il suo sguardo che incrocia il mio, quasi a voler cercar certezze in una fratellanza innata tra donne, che non valuta la natura di un corpo ma la forza di un’anima.

Bella la mia Italia che ogni giorno si mette in movimento sfidando la gravità e la lontananza. Belli i riflessi dei nostri treni e i legami che tessono sulle loro tratte, fitte come ricami e ragnatele.

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