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Giorno 5

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giorno 5

Non ho mai posseduto un corpo, soltanto brevi accenni di una fisicità imbastita da frasi di circostanza. Ci ha sempre raccontato che non le piace descriverci; dice che ognuno dovrebbe immaginarci come meglio crede. Peccato, sarebbe stato bello guardarsi attraverso i suoi occhi, riconoscersi in uno specchio d’acqua, e magari scoprire di essere un po’ simili a lei.

Fa uno strano effetto non possedere un corpo. Non so se sono giovane o vecchia, se ho i capelli lunghi o corti, non conosco il loro colore e quello dei miei occhi, della mia pelle, del mio sorriso.

È difficile vagare in una dimensione anomala, essendo poco più di una nebulosa asettica e incandescente, respirare e non distinguere l’alone del proprio calore e l’ombra del proprio corpo.

Mi sarebbe piaciuto scoprirmi, attraversare quella scarica violenta di frasi e aggettivi che avrebbe regalato consistenza a quello che sono. Ma lei ha scelto…

Eppure una volta ha provato a cucire il mio corpo. Sono riuscita a vederlo: era frantumato in tanti piccoli fogli di carta colorati sparsi sul pavimento della sua stanza. La musica, la cioccolata, la tastiera impazzita del computer, le sue urla e quei fogli di carta. Infinite possibilità si combinavano sul pavimento.

Occhi, nasi, capelli, gambe, colori, forme, particolari, anomalie. Lei li combinava con l’incanto della stregoneria e l’imprevedibilità della sua follia, incrociandoli con precisione chirurgica. Si fermava a guardare il risultato, la sua fronte si stropicciava in infinite rughe di dubbi e poi, urlando, disfaceva tutto, ricominciando.

Il mio corpo l’aveva delusa, ancora una volta.

Non ero come mi aveva immaginato. Ricominciava. Respirava, sceglieva, accostava, cuciva insieme e poi disfaceva, divertendosi forse come fa Dio nel momento più alto della sua potenza.

Ma il mio corpo non è mai stato creato. È un esperimento fallito.

Quei foglietti sono finiti in una scatola in fondo alla libreria e quella scatola alla fine è stata dimenticata.

Solo uno di quei foglietti è rimasto attaccato allo schermo del suo computer.

X = donna.

Sì, non possiedo un nome, sono solo x, un esperimento fallito. Ma so di essere una donna.