Giorno 7
Sono scappata. Sono riuscita a sfidare la dimensione nella quale lentamente aveva lasciato che cominciasse la mia lenta agonia. Sono scappata prima di essere definitivamente cancellata.
Sono un esperimento fallito, sono un personaggio abortito, una storia soffocata.
Mi sarebbe tanto piaciuto essere, esistere, raccontare, ma nell’atto della mia creazione qualcosa è andato storto.
Eravamo una di fronte all’altra, le nostre esistenze si guardavano attraverso la lente deformante della scrittura. Lei aveva distillato gocce di se stessa nei vasi sanguigni del mio corpo di inchiostro e parole, lei faceva parte di me, così come io respiravo attraverso la sua pelle.
La sua scrittura era stata la mia genitrice.
Poi quel taglio improvviso, quella piccola anomalia che squarcia la storia.
È solo un attimo, l’attimo in cui qualcosa non sembra incastrarsi più, l’attimo in cui il filo che crea il ricamo sfugge sfilando il resto della trama.
Mi ha guardato, si è riconosciuta in me, nel riflesso della mia ombra, e ha scelto.
Sono rimasta sospesa in una dimensione digitale. Ansimavo alla ricerca di uno spiraglio di possibilità. Ho graffiato il foglio, urlato, implorato.
Ma nella sua mente mi stava ormai già raschiando via, come si fa con il battito del feto ancorato alle pareti dell’utero. Le due vite sincroniche battono insieme, poi una scioglie il legame e l’altra annaspando viene estirpata per sempre.
Sono un esperimento fallito, sono un personaggio abortito, una storia soffocata.