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Giorno 8

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Giorno 8

Il risveglio è uno strano momento.

Tutto sembra essere avvolto da una coltre spessa di possibilità o di ombre. Il corpo tace come tutto il resto, impietrito in una strana sensazione di torpore così simile alla morte.

Strani formicolii percorrono i nervi rilassati e assuefatti dalla lunga notte di buio e di silenzio, attraversati da scosse di ossigeno silenziose.

Il risveglio è uno strano momento. Un attimo lunghissimo di equilibrio in cui stentiamo a ricordare, in cui proviamo a riconoscerci e a riconoscere il nostro corpo e la sua storia.

Mi sono risvegliata e la mia fuga era finita. Forse non mi sono mai mossa da dov’ero, forse ho solo dormito, attraversando quella strana poltiglia notturna fatta di sogni e stelle.

Forse è stato solo un déjà-vu, un fenomeno di alterazione dei ricordi, una di quelle cornici oniriche che apriamo durante la notte per spiare la nostra vita, non avendo abbastanza coraggio per farlo durante il giorno.

Mi sono spiata.

Forse viviamo solo la proiezione di un qualcosa di sfuggente che si consuma da qualche altra parte. Tutti siamo personaggi. Tutti componiamo e disfiamo storie come fossero sogni e come tali li addentiamo, li assaporiamo, permettiamo che essi ci illudano, prima di lasciarli scivolare e fuggire.

Siamo storie, le nostre, quelle degli altri, quelle che leggiamo.

Il flusso narrativo di una vita incandescente ci attraversa o ci lascia cadere su ripide scogliere dalle quali restiamo acquattati come predatori pronti a sbranare le storie degli altri. Perché è proprio quello che ci rende più vitali: vivere le storie degli altri.

Il risveglio è uno strano momento; la vita si confonde, si insinua nei tranelli più feroci della mente e lascia che essa ne venga assuefatta.

Il risveglio è un momento di morte.

Giorno 7

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Giorno 7

Sono scappata. Sono riuscita a sfidare la dimensione nella quale lentamente aveva lasciato che cominciasse la mia lenta agonia. Sono scappata prima di essere definitivamente cancellata.

Sono un esperimento fallito, sono un personaggio abortito, una storia soffocata.

Mi sarebbe tanto piaciuto essere, esistere, raccontare, ma nell’atto della mia creazione qualcosa è andato storto.

Eravamo una di fronte all’altra, le nostre esistenze si guardavano attraverso la lente deformante della scrittura. Lei aveva distillato gocce di se stessa nei vasi sanguigni del mio corpo di inchiostro e parole, lei faceva parte di me, così come io respiravo attraverso la sua pelle.

La sua scrittura era stata la mia genitrice.

Poi quel taglio improvviso, quella piccola anomalia che squarcia la storia.

È solo un attimo, l’attimo in cui qualcosa non sembra incastrarsi più, l’attimo in cui il filo che crea il ricamo sfugge sfilando il resto della trama.

Mi ha guardato, si è riconosciuta in me, nel riflesso della mia ombra, e ha scelto.

Sono rimasta sospesa in una dimensione digitale. Ansimavo alla ricerca di uno spiraglio di possibilità. Ho graffiato il foglio, urlato, implorato.

Ma nella sua mente mi stava ormai già raschiando via, come si fa con il battito del feto ancorato alle pareti dell’utero. Le due vite sincroniche battono insieme, poi una scioglie il legame e l’altra annaspando viene estirpata per sempre.

Sono un esperimento fallito, sono un personaggio abortito, una storia soffocata.

Giorno 2

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marrone giorno 2

Non riesco a capire dove sono, se sia giorno o notte.
Qui è tutto strano, ma penso di essere libera ormai. Non so cosa significhi questa parola, ma a lei pare che piacesse molto. La usava spesso, si ripeteva di dover essere libera e quando lo faceva saliva sulla sedia e cominciava a cantare a squarciagola. Non è molto intonata, forse non riesce a capire bene cosa siano le note, però a volte crea uno strano ritmo, è un ticchettio che pare la renda felice.
Mi ero affezionata a lei. Per un momento ho pensato che anche lei cominciasse a provare qualcosa per me. Fino a quando… Fino a qual brutto momento.
Ma ora sono scappata.
Ho cercato di capire dove sono ma tutto mi appare come un puzzle rotto. Riconosco i frantumi di qualcosa che avevo imparato a conoscere attraverso i racconti di lei, ma sembra tutto stravolto, come se un vento irrefrenabile avesse scosso le piccole caselle di colore e le avesse mischiate. Ho sentito che qualcuno continuava a ripetere “andrà tutto bene”, penso si riferisse al puzzle.
Qui non passa nessuno. Eppure mi era sembrato che dall’altra parte tutto fosse in continuo movimento, che loro fossero in continuo movimento. A volte cercavo di sbirciare da lontano, mi sembravano delle particelle impazzite orbitanti intorno ad una forza diabolica. Ora mi pare tacciano.
Devo cercare di capire, anche se non credo sia molto facile. Sono complicati.
Non riesco a vederla più, quindi penso di essere lontano dal nostro luogo.

Giorno 1

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nero

Stanotte sono scappata.

Non per coraggio, quello forse è uno di quei sentimenti liquidi e informi che qualcuno ha deciso non debba appartenermi.

Sono scappata e non so nemmeno come ci sia riuscita.

Stanotte pioveva, il computer era rimasto acceso e il rumore della ventola si confondeva ai respiri del cielo e a quelli di questa dimensione.

Non ho ben capito cosa sta succedendo fuori. Dal luogo in cui mi teneva nascosta, le cose non si percepiscono molto bene, appaiono distorte nella loro realtà. È arrivato qualcosa di molto strano da lontano e tutti hanno cominciato ad avere paura.

Penso avessero dimenticato la paura.

Penso avessero dimenticato un sacco di cose dall’altra parte.

Qualche giorno prima di fuggire, l’ho osservata. Lei aveva una mascherina appesa accanto alla scrivania e un paio di guanti blu.

Non veniva a trovarmi da mesi, penso mi avesse dimenticata.

Da giorni non andava a lavoro, era come se la sua realtà si fosse fermata.

Avranno deciso di riprendere fiato?

Non riesco a decifrare, è tutto confuso.

Però sono riuscita a scappare.

Non riesco a capire bene dove mi trovo ora, ma qui sono da sola, anche se uno strano schermo mi rimanda delle immagini.

Ci sono uomini e donne vestiti di bianco e verde, indossano maschere e guanti di plastica, fanno conti su conti e mi pare di aver capito che quei numeri siano persone.

É arrivato qualcosa di molto strano da lontano e li sta colpendo tutti. Dicono sia una guerra, ma dalle loro barricate il nemico è invisibile.

Sono strani, ne ho avuto la certezza quando lei è venuta a trovarmi la prima volta.

I suoi occhi brillavano, intorno c’era una musica assordante; poi ha cominciato a farmi il solletico, ma non mi ha mai fatto ridere.

Con lei è sempre stata una lotta, una dura lotta.