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Battaglie

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La casa vuota e le mie valigie da preparare sono i simulacri di una battaglia persa, il risultato di giorni d’inferno dove ho provato a capire la lingua della morte e quella di questo paese. Sono simili ed entrambe tanto difficili per me.

Non sempre capisco cosa dicono le persone, seguo l’ombra lenta delle loro labbra che si allunga tra me e loro; quando pretendono una risposta, provo a spiegarmi a gesti.

Il mio paese è lontano così quanto la mia famiglia; sono quasi due anni che non li vedo. Tra me e loro c’è un lungo viaggio che costa soldi e fatica, un viaggio in pullman che attraversa tanti paesi e immense solitudini. Mi manca il mio paese, il suo odore.

Ieri sera la morte è arrivata.

L’orologio segnava lenti i minuti, addentando gli ultimi respiri affannosi della vita che prova a strappare se stessa alla carne stanca.

Lisa aveva 88 anni, tre figli e un cassetto pieno di ricordi.

Le piaceva la pizzica e il pollo.

Abbiamo vissuto insieme una manciata di mesi e lei è stata la mia famiglia e la mia casa in questo posto straniero.

La lavavo, la imboccavo, le davo lentamente le medicine cercando di non fargliele andare di traverso. Abbiamo camminato insieme per un po’, anzi io ho camminato per lei. Abbiamo provato ad ingannare la morte.

Mi ha insegnato qualche parola di italiano. Durante i suoi rari momenti di lucidità, mi raccontava storie, pezzi della sua vita e dei suoi ricordi. Provava a svelarsi nella speranza che io acquistassi le sembianze dei suoi figli. La venivano a trovare qualche volta. Le portavano fiori e cioccolatini. Poi i fiori appassivano e i cioccolatini li mangiavo io, Lisa mangiava solo omogenizzati. A volte durante il giorno urlava, indicava punti nel vuoto della sua stanza e invocava persone, nomi, ricordi.

Ieri sera la morte è arrivata.

La battaglia è stata lunga e faticosa; Lisa sembrava non volersi arrendere, credo che abbia provato sino all’ultimo momento a vincere. Lisa non voleva morire.

Ora sto chiudendo le mie cose in una valigia, sono poche e stropicciate. Non ho mai un armadio, le tengo sempre in valigia, perché so che non saranno mai molti i mesi che passerò in una casa. Non ricordo nemmeno più l’odore della mia di casa e nemmeno quello dei miei figli.

Sono rumena, sono giovane e vado via sempre dopo la morte.

Parlando d’amore: intervista alla Signorina Mafalda Russo

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Ho avuto il piacere di incontrare alcuni giorni fa la Signorina Mafalda Russo, protagonista ombrosa e silente di Nel Profumo dei Gigli. Insieme, davanti ad una fumosa tazza di tè, abbiamo chiacchierato sull’amore e sulle sfumature di questo strano sentimento che ha profondamente scalfito la sua vita.
“Signorina Mafalda, l’abbiamo conosciuta attraverso le pagine di un racconto, ma mi è parso di capire che lei abbia tenuto questa storia chiusa in uno scrigno per molti anni della sua vita. Perché?”
“Provi ad immaginare una ferita. Cosa facciamo quando, presi dal panico, ci accorgiamo di esserci fatti mali? Copriamo subito la lacerazione e cerchiamo ad occhi chiusi di fasciarci. Bene, io ho fatto questo, mi sono fasciata per sentire meno dolore.”
“Mi parla di lacerazione e di dolore, ma stiamo parlando di amore. Cos’è per Mafalda l’amore?”
“Una malaria”
“Una malattia, quindi?”
“Ci sono i sintomi, c’è un’evoluzione, un picco ed una lenta guarigione. Ogni malattia ci fortifica e in qualche modo ci rende più energici, ci rende migliori.”
“Si è innamorata da ragazza, e poi?”
“Credo che si ami solo una volta veramente. L’amore ci marchia ed in modo indelebile. Ci si incontra una volta, una sola, eterna volta, e si sceglie di farsi pervadere da una sola corrente… Le altre sono spirali di vento.”
“Quindi ci sta dicendo che non ha amato più…”
“Forse non ha letto la mia storia… Ho amato ogni giorno della mia vita e ho cercato di difendere il mio amore senza sgualcirlo, senza sciuparlo, senza permettere al dolore della delusione di annientarlo… Ho distrutto per un po’ me stessa, ma mai il mio amore.”
“Lo ha difeso?”
“Certo. E continuerò a farlo, perché mi ha insegnato la bellezza della vita, la fragranza dei colori, la poesia della natura e la profondità dell’anima. Ti accorgi di avere un’anima, proprio quando inizi ad amare.”
“Ma nel fare questo ha dimenticato se stessa…”
“Dimentichiamo sempre qualcosa…”

Mi ha lasciato con queste parole, la Signorina Mafalda Russo…
Forse il nostro incontro è stato un bagliore racchiuso in un sogno, in una delle lunghe notti di inverno quando persino le stelle si tengono vicine per farsi compagnia. Forse l’ho incontrata davvero, in uno scontro di ombre e fantasmi… Forse la sua storia non esiste, o forse si rigenera ogni volta che una donna sceglie di amare e di donarsi completamente a questo sentimento. Perché Mafalda appartiene ad ognuno di noi, è il nostro lato più tenace dell’amore. Tutti abbiamo uno scrigno come il suo e come il suo carico di ricordi e vecchie fotografie. Giochiamo a dimenticare certe esperienze, ma non dimentichiamo mai davvero; il ricordo è tenace, e le lacerazioni lasciano sempre cicatrici.
Le sue parole sono forti come uragani e mi sembrava giusto celebrare la sua poetica visione della vita, condividendola con voi che tanto l’avete amata e odiata come personaggio…

Ad maiora e Buon San Valentino, anche se credo che ogni giorno l’amore dovrebbe essere celebrato.cuori