Il sud ha un tempo lento che si increspa nelle fessure del tufo
Il tempo del sud è sospeso, apparentemente immobile, sudore lento di ore e sospiri.

Il sud ha un tempo lento che si increspa nelle fessure del tufo
Il tempo del sud è sospeso, apparentemente immobile, sudore lento di ore e sospiri.
Salsa!!! Salsa!!! Salsa!!!
Cari lettori, vi informo subito che non mi riferisco a quel genere di danza dai ritmi caraibici, ballata con succinti costumini colorati da ancheggianti e prosperose signorine. Scrivo dal Sud, dal mio meraviglioso microcosmo di provincia, e qui quando si parla di salsa non ci possono essere equivoci: la salsa è una sola e ci si riferisce alla conserva di pomodoro. Tra Luglio e Agosto non ci sono ricorrenze o calamità naturali che possano bloccare o rinviare questa antica tradizione familiare: si deve “fare la salsa”!!!
Da brave formichine laboriose, le donne del sud, durante la lunga e calda estate, preparano le loro scorte invernali: melanzane sott’olio, fichi secchi, pomodori pelati e lei, la regina di tutte le dispense che si rispettino, LA SALSA. Aspetto invitante, colorito rosso pomodoro, polpa profumata di terra, la nostra, ricca di sali minerali, sexy da far paura e da far accapponare gli amidi al più restio degli spaghetti.
Tutto comincia dalla ricerca disperata della materia prima. I più fortunati hanno ancora un nonno o un parente prossimo che si dedica anima e corpo alla coltivazione del pregiatissimo “oro rosso”. Tutti gli altri (categoria alla quale appartiene mia madre), a partire dalla metà di Giugno, cominciano la ricerca del coltivatore diretto da cui acquistare l’indispensabile materia prima.
Poi inizia il divertimento.
Ma andiamo per ordine:
Fase numero 1: Si levano gli odiosi “Puddicini”. Questo significa passare un intero pomeriggio con mamma, nonna e vicine volontarie, a compilare l’aggiornamento annuale delle corna paesane. È qui che si scopre il vero gossip, è qui che nascono le confidenze più personali. Tra un puddicino e l’altro.
Fase Numero 2: Preparazione dei vasetti.
Fase Numero 3: Ore 4,00 del mattino. Suono della sveglia.
Colazione veloce, bisogna agire in fretta prima che il sole sia alto e le mosche decidano di fare baldoria. Bisogna raggiungere il luogo nel quale il rito si compirà e cominciare a lavare i pomodori. Tre bagnetti in tre tine differenti. Devi essere veloce, scaltro e fottutamente forte.
Fase Numero 4: Cottura dei pomodori. Cottura lenta. 40 gradi all’ombra. Punti neri impazziti. Trattamento estetico gratuito offerto dalla padrona di casa. E che te ne fai del vapore dell’estetista! Qui si comunica direttamente con l’inferno in via preferenziale, il vapore è quello buono.
Fase Numero 5: Spremitura dei pomodori e successivo imbottigliamento.
Ora tutto vi sembrerà un divertentissimo passatempo estivo. E invece no, miei cari lettori. È una commedia all’italiana. Fare la salsa è come una penitenza, una prova alla Ulisse, un rituale di iniziazione al matrimonio. Perché, ogni anno, tutti, la nonna, la zia, la mamma, da quando avevo sei anni, mi ripetono la stessa frase obbligandomi a partecipare al rito:
“T’ata ‘mparai, perceni ci no a maritata ce ‘nciata fa manciai? La salsa cattata?”.
Sfruttamento psicologico della manodopera legalizzato. È così che le bambine vengono iniziate alla preparazione della salsa. Si comincia con un cucchiaino. O, almeno, io ho cominciato così, da quel cucchiaino che il nonno mi faceva usare per spingere la salsa in uscita dalla macchina verso la vasca. Le sue mani e le mie. I ricordi. I suoi sorrisi. Le sue scarpe di plastica marrone e i suoi occhiolini quando giocava a prendere in giro tutte le donne, impazzite intorno alle tine piene di palline rosse. Per loro avremmo dovuto tenerci a distanza per non far cadere nulla nella salsa, allora lui cominciava a ballare con il suo sorriso e così scatenava la baraonda generale. Venivamo cacciati via. Ma questo per me significava la merenda e per lui la sua sigaretta.
Fare la salsa qui, in questo microcosmo di provincia, significa preparare le scorte per l’inverno, ma vuol dire molto di più. Vuol dire parlare durante la lunga preparazione, vuol dire conoscersi. È vero, è un rito della nostra tradizione, serve a costruire legami, serve a conservare ricordi, serve a mantenerci autentici.
Andiamo al mare?
Che sinfonia racchiusa in questa frase semplice ed esplicita.
Il mare, quella distesa infinita di acqua capace di risollevare l’anima facendola volare nei movimenti delle sue maree.
Ma il mare, cari lettori, può essere un’infusione diretta di stress aggrovigliato alla bocca dello stomaco. Per arrivare sulla spiaggia e bagnarsi un po’ bisogna seguire un rituale ben preciso…
Domenica mattina, ore 7,00: trillo della sveglia (se vuoi ottenere un posto in prima fila e ricevere il vento benefico del mare e delle sue onde devi necessariamente anticipare tutti. Per fare questo la sveglia deve essere programmata con tattica militare)
Ore 7,30: indossare bikini. Spalmare crema protettiva, indispensabile per l’esposizione prolungata ai raggi del sole (la domenica serve per abbrustolirsi e sfoggiare una cottura a puntino)
Ore 8,00: preparazione della borsa frigo. Chi ha detto che d’estate bisogna mantenersi leggeri? Qui siamo al sud e in un microcosmo di provincia come il nostro a mare si va con:
– teglia di pasta al forno preparata la sera prima
– parmigiana di melanzane
– burratine
– panini farciti a piacere
– focacce, rigorosamente non integrali
– “muloni”, ovviamente intero e immancabilmente ghiacciato con netto anticipo!
– bottiglione di caffè freddo. Congelato!
Il mare non deve di certo annullare il pranzo della domenica! Qui non si rinuncia a niente.
Nemmeno alla verandina con vista sul mare.
Ore 9,00: arrivo sulla spiaggia e costruzione della verandina!
Renzo Piano non potrà mai capire la maestria degli uomini del sud! Essi sfogano il loro poco amore per il mare nella costruzione di un ricovero per mutilati di guerra (quella matrimoniale ovviamente) con una precisa astuzia.
Materiale per la costruzione: tenda, ombrelloni, tavolino di plastica da pic-nic, teli mare enormi (funzionali alla pennichella pomeridiana), sedia per suocere, possibilmente non funzionante (può sempre tornare utile).
0re 9,30: posizionamento suocera.
ore 9,35: risveglio della spiaggia… Arrivo onda di bagnanti.
Li riconosci subito.Sono carovane di teglie farcite di melanzane, sono compagnie di uomini e donne carichi di zaini, borse, ombrelloni, sedie. Conquistano la spiaggia e sono pronti a fronteggiare battaglie estenuanti per strappare un centimetro di sabbia al vicino. Urleranno, giocheranno a racchettoni tra il tuo naso e i tuoi piedi, arriveranno nell’acqua a bomba mentre tu, solitario bagnante della domenica, starai ancora meditando la bellezza cristallina del nostro mare. Giocheranno a palla nell’acqua e la palla inevitabilmente arriverà sulla tua testa e tu, al richiamo “pallaaa!”, dovrai nuotare anche se non ne hai voglia, recuperare la palla e sorridere, perché al mare sorridono tutti.
Poi proverai ad abbronzarti e qualcuno ti passerà, senza chiedere, uno spruzzo di acqua solare. Qui siamo generosi e quando spruzziamo lo facciamo per noi, il vicino a destra e il vicino a sinistra e nei giorni di maestrale è inevitabile offrire a tutti.
Ah, ovviamente offriamo anche la parmigiana…
Perché in un microcosmo di provincia una giornata al mare deve essere indimenticabile, proprio come la parmigiana per gli enzimi del tuo stomaco.
CONTINUA...
Vi siete mai chiesti cosa significa “Festa Patronale” per gli abitanti di un piccolo microcosmo di Provincia???
“Sì, certo!”, starete rispondendo. Luminarie, gelati, bancarelle, zucchero filato con annessa acidità di stomaco e mani incollate fino alla notte di Ferragosto. No, cari amici miei, in un piccolo microcosmo di provincia, dove l’evento più eccezionale é l’ultimo “amico” di una donna sposata, la festa patronale è l’evento dell’anno!!!
Quello che appena terminato ti resta subito l’amaro in bocca e ti chiedi:
“Caspita, e domani il panino dove lo mangio?”
Che poi l’amaro in bocca, si sa, è dovuto all’inalazione da salsiccia abbrustolita, lasciata a macerare sui carboni per indurre in tentazione. Lo sanno tutti: i veri protagonisti della festa sono i Panini: salsiccia, bombette, pezzettini di carne e gnummarieddi. Non vi do la traduzione, perché chi vive nel mio microcosmo di provincia li conosce e per gli altri potrebbe essere una ragione in più per venirci a trovare. La festa Patronale diventa per tutti la giusta occasione di bruciare i grassi, quelli della salsiccia si intende, e allora per tale evento bisogna prepararsi…
Trucco e parrucco studiato ad hoc per le signore in bilico su trampolini improponibili persino a Valeria Marini. Barba e profumo con annesso mocassino e calzino bianco per gli uomini accompagnatori ufficiali, strappati alla comodità del divano da intonacate signore strizzate da panciere medievali nell’abito luccicoso dell’ultimo matrimonio della figlia della cognata della comare. Bisogna brillare, più delle luminarie, più delle luci psichedeliche delle giostre. E allora cascate di sberlocchi e brillantini per onorare i santi patroni.
San Vincenzo e San Vito sono destinati ad una lunga processione tra le vie della città. Si sa, l’Ave Maria scappa tra le corna di Peppino cu Maria, una nascita, nu divorziu e na promessa di matrimoniu, scandite dalla musica della banda. In fondo la festa patronale, per le associate al Club Pomeridiano del Rosario, equivale ad una full immersion, ad un corso di aggiornamento: tre giorni da passare tra chiese, processioni e sfilate serali avendo a disposizione un intero capitale umano da dissezionare. Un’occasione cittadina per vedere tutti, persino i cugini di 100° grado, che nel corso dell’anno si sono riprodotti e moltiplicati come i pesci nel paniere alle nozze di Cana. Mentre il traffico del mio microcosmo di provincia si congestiona, l’aria si inquina, i bambini vengono esposti ad importanti stress emotivi da esposizione eccessiva ai giocattoli e le donne rischiano la vita sui trampoli carichi di pailletes!!!
Carciofi ripieni. Tratti da: La Cucina di Rosetta
Cara bilancia,
è da un po’ che non ci si vede ma, sai, le cose qui si sono complicate. Lo so che l’ultima volta sei stata molto chiara con me, sottolineando il fatto di dover necessariamente rimettersi in forma.
Ma tu non conosci mia madre!!!
Io vorrei tanto sollevarti dal peso che affligge la tua coscienza numerica, ma è una lotta difficile, piena di impervie battaglie all’ultima caloria. Convivere con una persona che non ha mai fatto una dieta in vita sua, che frigge qualsiasi cosa le capiti tra le mani e che usa il pane come fedele amico diventa un supplizio, specialmente se sei a dieta.
Cara bilancia, ti racconto cosa è successo ieri…
“Mamma,vado a lavoro! Quando torno alle 17,00 mangio uno yogurt, ok? Non preparare niente”
Accordo firmato con pace internazionale!
Giornata lavorativa come al solito: clienti esigenti, problemi logistici da risolvere e quel senso fraterno di fame insidiato nella bocca dello stomaco. Ma si sa, la vita non è facile per nessuno. Basta sorridere, sorridere sempre.
E alle 17,30, quando sono tornata a casa, mia madre sorrideva…
“Hai fame?”
“No, ora vengo in cucina e mangio uno yogurt” e comincia suadente ad arrivarmi un dolce profumino di cibo, intenso, speziato, sexyssimo. Sì, il cibo è sexy.
Metto la mia bella tutina casalinga ed entro in cucina.
Tavola imbandita, piatto stracolmo pronto a sacrificarsi in nome dei miei strati adiposi e della mia cellulite a buccia d’arancia, perché, si sa, i mali non vengono mai da soli.
“Le ho preparate per papà, ma ho appena spento la cucina, sono ancora calde. E poi sei andata a lavoro, ti sei stancata, sicuramente avrai fame. E po’ ce ata fa cu lu yogurt, ata cresci…”
Premesso che non lavoro in una fabbrica, non ho più cinque anni e credo che la mia fase di crescita si sia conclusa da un decennio ormai. Premesso anche che mi piace lo yogurt e adoro i suoi effetti sulla bilancia.
Ma lì sulla tavola c’era un piatto stracolmo di carciofi ripieni e un vassoio di focaccia al pomodoro e mozzarella fumante…
Bisogna essere davvero insensibili per restare fermamente convinti di proseguire la propria dieta, dinanzi ad una tavola simile.
In fondo sarà solo qualche caloria, mia madre non usa molti condimenti; sono loro che procreano una volta in luna di miele al caldo!!!
Cara Bilancia, non dubitare delle mie buone intenzioni; la primavera è lunga, vedrai, prima dell’estate mi sentirai con la stessa dolcezza di una piuma, saremo felici insieme e al mare sarò una strafiga!!!
A presto!
P.S. ti saluta mia madre, dice che le farebbe piacere averti ad uno dei suoi fritto party!!!
Non c'è limite alla bellezza della parola scritta
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