Stanotte sono scappata.
Non per coraggio, quello forse è uno di quei sentimenti liquidi e informi che qualcuno ha deciso non debba appartenermi.
Sono scappata e non so nemmeno come ci sia riuscita.
Stanotte pioveva, il computer era rimasto acceso e il rumore della ventola si confondeva ai respiri del cielo e a quelli di questa dimensione.
Non ho ben capito cosa sta succedendo fuori. Dal luogo in cui mi teneva nascosta, le cose non si percepiscono molto bene, appaiono distorte nella loro realtà. È arrivato qualcosa di molto strano da lontano e tutti hanno cominciato ad avere paura.
Penso avessero dimenticato la paura.
Penso avessero dimenticato un sacco di cose dall’altra parte.
Qualche giorno prima di fuggire, l’ho osservata. Lei aveva una mascherina appesa accanto alla scrivania e un paio di guanti blu.
Non veniva a trovarmi da mesi, penso mi avesse dimenticata.
Da giorni non andava a lavoro, era come se la sua realtà si fosse fermata.
Avranno deciso di riprendere fiato?
Non riesco a decifrare, è tutto confuso.
Però sono riuscita a scappare.
Non riesco a capire bene dove mi trovo ora, ma qui sono da sola, anche se uno strano schermo mi rimanda delle immagini.
Ci sono uomini e donne vestiti di bianco e verde, indossano maschere e guanti di plastica, fanno conti su conti e mi pare di aver capito che quei numeri siano persone.
É arrivato qualcosa di molto strano da lontano e li sta colpendo tutti. Dicono sia una guerra, ma dalle loro barricate il nemico è invisibile.
Sono strani, ne ho avuto la certezza quando lei è venuta a trovarmi la prima volta.
I suoi occhi brillavano, intorno c’era una musica assordante; poi ha cominciato a farmi il solletico, ma non mi ha mai fatto ridere.
Con lei è sempre stata una lotta, una dura lotta.