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Giorno 3

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Il nostro luogo era fantastico. Era tutti i posti al mondo possibili e nessun luogo.

A volte siamo state felici io e lei. Ci siamo odiate e amate, anche se non conosco realmente il significato di queste due parole. Lei me le ha iniettate qualche volta, lasciando poi che esse si muovessero nel mio corpo.

Faceva sempre così. Mi iniettava qualcosa e poi aspettava la mia reazione. A volte provava e riprovava per giorni e poi resettava tutto.

Però la sensazione di aver amato e odiato, quella la ricordo ancora, forte e devastante allo stesso modo.

Nel nostro luogo tutto poteva essere possibile. Era un luogo incontaminato, asettico, neutro. Uno spazio dove tutto sarebbe potuto accadere.

A volte mi stupiva, mi trasportava in luoghi meravigliosi dove accadevano strani incantesimi intorno a me; altre mi lasciava in stanze buie per giorni, senza nemmeno passare a salutarmi. Eppure, in ognuno di quei giorni così lunghi e cupi, sapevo che sarebbe tornata e avrebbe resettato tutto.

Sapevo che sarebbe sempre tornata da me. Fino a quel giorno, fino a quando ho avuto la certezza che non si sarebbe più ripresentata.

È accaduto all’improvviso. I suoi occhi erano vetri oscurati di lacrime rabbiose, sapevo che stava soffrendo e sentivo i suoi pensieri fendere pesanti lo spesso strato di luce che ci separava, ma ormai aveva deciso. Aveva deciso di me e del mio destino.

Non è mai cosa semplice conoscere la verità.

Giorno 1

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nero

Stanotte sono scappata.

Non per coraggio, quello forse è uno di quei sentimenti liquidi e informi che qualcuno ha deciso non debba appartenermi.

Sono scappata e non so nemmeno come ci sia riuscita.

Stanotte pioveva, il computer era rimasto acceso e il rumore della ventola si confondeva ai respiri del cielo e a quelli di questa dimensione.

Non ho ben capito cosa sta succedendo fuori. Dal luogo in cui mi teneva nascosta, le cose non si percepiscono molto bene, appaiono distorte nella loro realtà. È arrivato qualcosa di molto strano da lontano e tutti hanno cominciato ad avere paura.

Penso avessero dimenticato la paura.

Penso avessero dimenticato un sacco di cose dall’altra parte.

Qualche giorno prima di fuggire, l’ho osservata. Lei aveva una mascherina appesa accanto alla scrivania e un paio di guanti blu.

Non veniva a trovarmi da mesi, penso mi avesse dimenticata.

Da giorni non andava a lavoro, era come se la sua realtà si fosse fermata.

Avranno deciso di riprendere fiato?

Non riesco a decifrare, è tutto confuso.

Però sono riuscita a scappare.

Non riesco a capire bene dove mi trovo ora, ma qui sono da sola, anche se uno strano schermo mi rimanda delle immagini.

Ci sono uomini e donne vestiti di bianco e verde, indossano maschere e guanti di plastica, fanno conti su conti e mi pare di aver capito che quei numeri siano persone.

É arrivato qualcosa di molto strano da lontano e li sta colpendo tutti. Dicono sia una guerra, ma dalle loro barricate il nemico è invisibile.

Sono strani, ne ho avuto la certezza quando lei è venuta a trovarmi la prima volta.

I suoi occhi brillavano, intorno c’era una musica assordante; poi ha cominciato a farmi il solletico, ma non mi ha mai fatto ridere.

Con lei è sempre stata una lotta, una dura lotta.

Una meridionale al nord

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toto-1Capita un po’ di tutto nella vita e, a volte, capita davvero che i sogni si realizzino. Una chiamata improvvisa, una valigia fatta in fretta, il tempo di un saluto che non hai avuto il tempo di metabolizzare. E ti ritrovi catapultata dal tuo caro microcosmo di provincia in una grande città del nord. Ti ritrovi improvvisamente particella fluttuante in un mare di velocità urbana, in una mega corsa collettiva della quale stenti a vedere la meta e anche i volti. Parte di una realtà che parla tante lingue, miscuglio di radici e ricordi, impasto di paesi e storie.E ti ritrovi ad essere straniera.In questo nord che sa di tanti accenti, nel quale senti di poter confondere anche il tuo, convinta del fatto che non ti riconosceranno… E invece no.

Le avventure del tuo DNA meridionale iniziano da subito. Cominciano dal viaggio in treno e dallo strano odore proveniente dalla tua borsa, che comincia a destare sospetti nei compagni di viaggio. Vallo a spiegare ai signori viaggiatori che tua madre crede che al nord non esistano i supermercati e, ha concentrato le derrate alimentari di un mese nella serie di panini ben compressi nell’alluminio e successivamente nella tua borsa. Senza trascurare un paio di litri di acqua, una piantagione di banane e un scorta di cioccolata, per la sopravvivenza, in caso di mancanza d’affetto. Ovviamente non c’è da sbalordirsi se la signora super griffata, che ti siede accanto con il naso puntato a portata di smartphone, ti lancia guanti di sfida con lo sguardo. E non soltanto si lamenta dei suoi collaboratori che vorrebbe “mandare al macero”, ma anche del ritardo di questi treni che dal sud partono spinti a mano.Ma una volta superate le dodici ore di treno, digeriti i dieci panini e sbucciata l’intera piantagione di banane, credi che il gioco finalmente sia fatto e ti prepari a mimetizzarti in questa bella città del nord. E no… Le avventure di una meridionale, proveniente da un microcosmo di provincia, non sono finite: deve interagire con i suoi simili e deve nascondere un accento che viene scambiato per calabrese e lo strano lessico utilizzato nel suo microcosmo di provincia. Perché, cara meridionale in trasferta, il biglietto si chiede per l’autobus e non per il pullman, il conchiglione strabordante di cioccolata qui si chiama lumachina; e se sfiori leggermente con lo sguardo qualcuno devi chiedergli scusa fino allo sfinimento così come fanno loro con chilometriche affermazioni cortesi.

Per il momento dal Norde é tutto. Passo e chiudo.

Confessioni post natalizie di una commessa di provincia…

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commessa fotoEccomi qui, sono tornata.
Sicuramente vi sarete chiesti che fine avessi fatto durante questa lunga assenza dal mio piccolo spazio web. Ebbene, miei cari lettori, ero stata rapita, rapita dal lungo periodo natalizio e dai suoi vorticosi ritmi tribali.
Vi siete mai chiesti che aspetto abbia il fantastico Natale visto dagli occhi di una commessa? Ha il volto della disperazione e le sembianze di un lungo mese di psicoterapia collettiva. Bisogna essere psicologicamente forti e miracolosamente pazienti per superare il mese di Dicembre all’interno di un qualsiasi negozio. Faccio questo lavoro da una decina di anni ma, credetemi, è sempre come se fosse la prima volta.
Tutto ha inizio, come ogni anno, intorno al 10 Dicembre, giorno destinato al ritiro della tanto attesa tredicesima (ovviamente per chi è fortunato da poterla riscuotere, o per chi è ancora più fortunato ad avere un lavoro ed è certo di conservarlo anche dopo lo scattare della mezzanotte del 31 dicembre…) che, intascata come un virus letale, viene immediatamente espulsa dalle famiglie italiane attaccate da una strana frenesia consumistica.
Perché a Natale, si sa, siamo tutti più buoni! E allora bisogna comprare a tutti un regalo con delle caratteristiche imprescindibili: deve essere una cosa strabiliante, esclusiva, qualcosa che lasci a bocca aperta; deve essere colorato, ma non troppo, un bel colore intenso ma non sgargiante; deve essere pratico ma un po’ particolare; ovviamente deve essere lungo ma corto, largo ma stretto, appariscente ma con sobrietà. “E, mia cara signorina commessa, non deve assolutamente mai dimenticare che un regalo, superate tutte le caratteristiche sopraindicate, deve essere soprattutto economico!!!”
E poi bisogna fare attenzione alla confezione, che a Natale è una questione vitale! Il fiocco deve essere grande, vaporoso, scintillante, altrimenti potrebbero guardarti male, disintegrarti se la posizione del fiocchetto pende leggermente o è impercettibilmente imprecisa. Perché la magia del Natale, ormai lo sanno tutti, è nella confezione dei regali. È nascosta nell’apparenza, nella finta luce di un nastrino. Non importa a nessuno il regalo, quell’atto d’amore che ti ricorda di essere importante per qualcuno.
E poi il 24 Dicembre, quando credi che finalmente sia tutto finito e i regali siano stati tutti consegnati e scartati con amore e riconoscenza… ti accorgi che sul calendario, nella conta dei giorni, ti aspetta scoppiettante il 27 Dicembre, il giorno più cangiante dell’anno. Tutti, ma proprio tutti, avranno una buona e valida ragione per cambiare il regalo ricevuto.
Troppo piccolo, troppo grande, troppo colorato, troppo semplice…
Qui la psicoterapia di gruppo per il rafforzamento della personalità diventa una questione di sperimentalismo puro. Perché, miei cari lettori, credetemi, sopravvivere alla magia del Natale per una povera commessa di provincia e soprattutto una questione di p……. polso!!!
Intanto il Natale sarà trascorso al di là delle nostre vetrine cariche di regali, lasciandoci come ogni anno i soliti regali tutt’altro che piacevoli: un bel raffreddore, dovuto sicuramente all’abbassamento delle difese immunitarie che non ce l’avranno fatta a sopportare la signora del regalo bello ma economico, un mal di schiena ormai cronico e un leggero, leggerissimo esaurimento nervoso post-natalizio…
Per le confessioni di una commessa disperata è tutto… ad maiora!!!