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Ricami D’inchiostro recensisce D’amore e Ombra di Isabel Allende

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ombra

• L’amore tra due ragazzi

• La storia atroce di una dittatura

• Gli sconfinati paesaggi di una terra meravigliosa: il Cile

Mix incandescente, sorprendentemente dosato da una Allende caustica, D’amore e ombra, romanzo del 1984 dell’autrice cilena, lascia affondare il lettore nella grande storia.
Francisco e Irene, come moderni Renzo e Lucia, sono immersi completamente nello sfondo rivoluzionario di una storia gigante e crudele che investe la vita degli individui, costringendoli ad abbandonare le certezze di una vita ordinaria. La Allende plasma la materia letteraria modellando dei personaggi tridimensionali capaci di imprimersi con tenacia nella mente del lettore.
Irene e Francisco sono i vertici di due mondi contrapposti che si compenetrano grazie alla magia di un amore travolgente e passionale, sentimento dipinto dall’autrice con rinascimentale cura della bellezza e della poesia. Irene è solare, piena di interessi, borghese e idealista; crede di vivere in un mondo incontaminato, così come i genitori le hanno scrupolosamente fatto credere.
Francisco, un ragazzo con le mani sporche di realtà, rivoluzionario e politicamente attivo, fa parte di un’organizzazione segreta che aiuta le persone a fuggire dal regime dittatoriale.

“Francisco non indietreggiava nel momento di affrontare la violenza, era una anello di quella lunga catena umana che si muoveva nella clandestinità e lui conosceva la dittatura dietro le quinte. (…)
Ma la repressione non l’aveva ancora toccato, riusciva a scivolare sfiorandola appena, sempre sul bordo dell’abisso”

Due mondi paralleli quelli della giornalista e del fotografo costretti a scontrarsi e a pervadersi dinanzi alla scomparsa misteriosa e sospetta di Evangelina Ranquileo, una giovane contadina affetta da isteria, portata via dalla polizia.
Magistrale è l’opera della Allende che riesce a mescolare, attraverso la potenza della sua scrittura, l’atroce palcoscenico della dittatura di Augusto Pinochet ai profumi inebrianti della sua terra, creando un anfratto letterario nel quale l’amore tra i due protagonisti sembra divenire l’antidoto alle brutture della realtà. Nonostante tutto riescono ad amarsi, Irene e Francisco, e le pagine dedicate al loro amore pungono il cuore di cristalli incantevoli di parole.

Assolutamente da leggere e conservare.

Ricami d’Inchiostro recensisce Una Stanza Tutta per Sé di Virginia Woolf

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virginia

Un capolavoro.
Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf è un’opera sacra per l’emancipazione femminile.
Viene scritto nell’Ottobre del 1928 in occasione di due conferenze sul tema “Le donne e il romanzo” tenute dall’autrice inglese presso l’università di Cambridge.
La sensazione che questo libro lascia è quella forte di una bruciatura profonda sull’epidermide sociale e letteraria di ogni donna.
La Woolf, attraverso i tempi di una narrazione romanzata nella quale il saggio cede il passo al racconto, ripercorre il rapporto donna-scrittura nella storia degli ultimi secoli, denunciando con toni forti l’assenza di scrittrici nella letteratura.
Turbolenti sono gli interrogativi dell’autrice: “Perché gli uomini bevono vino e le donne acqua? Perché un sesso è così prospero e l’altro così povero? Quali sono le condizioni necessarie di un’opera d’arte? Come poteva una donna dedicarsi alla scrittura – si chiede la Woolf – se non possedendo una stanza tutta per sé e cinquecento sterline di rendita annua?” stanza
Le sue conclusioni sono straordinariamente lucide e legate ad un’attenta analisi sociale che riconducono l’assenza della donna nella letteratura alla causa di una mancata emancipazione. Il passaggio da personaggi letterari a scrittori comincia proprio nel momento in cui riescono ad ottenere la stanza, metafora di un ruolo e di un peso sociale diverso.
L’immagine della stanza riemerge con insistenza nel testo: la stanza prigione della donna oggetto umiliata dal potere maschile, la stanza della borghesia del primo Ottocento in cui Jane Austen comincia a scrivere i suoi romanzi, la stanza prigione che lentamente diviene rivalsa.
Brucia la metafora della Woolf e spinge le donne verso l’emancipazione.
Un capolavoro da passare a memoria e da recitare sui grani di un rosario quotidiano, perché è un testo ancora attuale. Ancora terribilmente attuale.

Un libro “dedicato da una donna per tutte le donne”

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Oriana-Fallaci-Rai-Uno-febbraio

Gustav Klimt  Le tre età della donna 1905 Galleria Nazionale di Arte Moderna Roma

Gustav Klimt
Le tre età della donna
1905
Galleria Nazionale di Arte Moderna
Roma

“Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche esser una vecchia con i capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse la mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che chiede di essere ascoltata”

Comincia dalle parole di Oriana Fallaci, tratte da Lettera a un bambino mai nato, il mio post di oggi dedicato alle donne. Comincia con le parole di un capolavoro che ogni essere umano dovrebbe leggere. Questo libro, pubblicato nel 1977, periodo in cui l’Italia era coinvolta nel difficile dibattito socio-politico sulla legalizzazione dell’aborto, affronta con coraggio una rosa di problematiche legate alla difficoltà di essere donna e al diritto di scegliere di diventare madre. Il personaggio creato dalla Fallaci risponde in modo magistrale al tema trattato, ricoprendo il ruolo di una donna coinvolta nella lotta quotidiana per l’affermazione della sua emancipazione in una società tenacemente maschilista, nella quale il ruolo della donna è subordinato alla legge biologica di conservazione della specie.
La narrazione degli eventi che seguono l’evoluzione dell’ovulo fecondato sembrano essere urlati da una madre stufa della disuguaglianza sessuale subita in ogni sfera di azione. La Fallaci ci scaraventa addosso una serie di interrogativi spietati che ci lasciano vagare alla deriva, rovesciando i pilastri delle nostre certezze. La parola è aspra, ma proprio per questo si denuda in un incantevole ritmo poetico.
La Fallaci urla e lo fa da donna ferita, da spirito libero, pensante e androgino.

RICAMI D’INCHIOSTRO recensisce IL BACO DA SETA di ROBERT GALBRAITH

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robertgalbraith_ilbacodaseta
・ Una scena del crimine al limite dell’umano;
・ una vittima: Owen Quine, scrittore;
・ un manoscritto: il Bombyx mori, sparito nel nulla.

Questi gli ingredienti de “Il Baco da Seta”, il nuovo lavoro di Robert Galbraith, pseudonimo della scrittrice britannica J.K Rowling.

Ancora una volta il bisturi d’inchiostro della Rowling affonda nelle membra dell’umana sostanza, svelando i lati più oscuri dell’animo umano. Descrive il mondo dell’editoria, i suoi personaggi manovrati da giochi di denaro e i cambiamenti che la stanno investendo e trasformando nell’era del digitale.
“Il baco da seta rappresenta una metafora dello scrittore e dell’agonia cui è sottoposto perché se ne possa ricavare qualcosa di prezioso. Nient’altro”
Stupisce la Rowling, ancora una volta, innalzandosi anche a geniale scrittrice di gialli.
Stupenda la sua Londra innevata, la sua Londra dei pub e delle linee di metro nelle quali ci fa correre sulle tracce del manoscritto di Quine, attraverso le sue descrizioni impressioniste.
Impeccabile come sempre la sua scrittura, calibrati e sconvolgenti i personaggi.

ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE!!!