Archivi tag: recensione

Ricami D’inchiostro recensisce La ferocia di Nicola Lagioia

Standard

ferocia1

– una famiglia benestante appesantita dalla coltre della propria posizione sociale
・ una giovane donna, la sua bellezza, l’abisso dei suoi sentimenti
・ un’epoca, la nostra, scandagliata con rigore autoptico

Questo il cocktail velenoso dosato da Nicola Lagioia nel suo La Ferocia, Premio Strega 2015.
Romanzo complesso, chirurgicamente intrecciato, che lentamente lascia sprofondare il lettore nel putrido flusso delle dinamiche malate della nostra società. Una società ammorbata dalla corsa al denaro e al successo che frantuma i rapporti umani, riducendoli ad una rigida maschera di perbenismo e condensandoli in un carosello di ruoli cerulei.
Siamo a Bari tra appalti, uffici e palazzoni di cemento; è questo l’ambiente al quale appartiene la famiglia di Vittorio Salvemini, magnate dell’edilizia. Tre figli, una casa meravigliosa e la magia dell’influenza sociale, un castello poggiato però su fragili alleanze che cominciano a traballare proprio quando Clara, sua figlia, viene trovata morta sull’autostrada.
Lagioia affonda la mano nella nostra quotidiana lotta per il successo e ci accompagna in un viaggio sotterraneo dove Clara, la bellissima protagonista del romanzo, ci prende per mano, lasciandoci camminare al suo fianco lungo i bordi di una notte sbavata contro i fari dell’autostrada. Siamo nudi, spogliati da ogni psicologica difesa, siamo Clara, il suo dolore, la sua resa alla vita. Intorno a noi la lotta spietata di una società allo sfascio, dove la diversità di vedute viene etichettata come menomazione e la debolezza lascia spazio solo alla solitudine. Difficile definire i personaggi: Clara, Michele, Vittorio, Annamaria appaiono anime tormentate difficili da decodificare, intrecciati in una fitta rete di rapporti lontani anni luce dalla purezza dei sentimenti. Già, i sentimenti; nascosti, adombrati, cancellati da un gioco di ruoli pesantemente manovrato dal denaro. Fa paura la prospettiva di Lagioia, la sua Clara angoscia e tormenta in un incalzante parallelismo con il mondo animale dove prevale, sempre, la legge del più forte. A lettura ultimata i pensieri schiaffeggiano la mente di interrogativi e Clara sembra trionfare oltre il limite della morte. Avvincente, infine il personaggio di Michele che controbilancia la lettura di una realtà malata, introducendo la chiave di lettura del possibile stravolgimento degli equilibri, l’unica speranza possibile.

Ricami D’Inchiostro recensisce La vita in Generale di Tito Faraci

Standard

1434797706_11406222_974490389236283_2944028882444042569_o– Una città vorace, incomprensibile, affaristica: Milano
– un esercito forte e invisibile di anime dimenticate
– un capo con una lunga storia alle spalle: il Generale
sono questi gli ingredienti reattivi di La vita in generale, una bella favola moderna creata dalla penna di Tito Faraci e pubblicata per Feltrinelli.
Romanzo spietato e poetico che intreccia nella sua trama il destino di un gruppo di barboni, capitanati dal Generale, alla storia di Rita, giovane imprenditrice sull’orlo del fallimento. L’autore ci accompagna sui bordi di una realtà parallela, dove la vita si vive oltre il limite del visibile, dove gli equilibri sono instabili e il cibo una conquista quotidiana. Tutto sembra consumarsi al di là di una fragile pellicola trasparente che esclude e allontana, proteggendo gli occhi di chi non ha toccato il fondo dell’inferno, di chi non può capire, perché come dice il Generale:

“Per rinascere, bisogna prima morire. E io sono stato un uomo morto. So cosa significa perdere una vita”

Sono proprio queste parole che racchiudono l’incanto della storia, che ci fa attraversare con elegante maestria la vita di Mario Castelli, imprenditore di successo e protagonista di questa discesa agli inferi durante la quale ha perso persino la sua identità, diventando per tutti Il Generale. La favola scorre pagina dopo pagina: le principesse sono donne fasciate di stracci raccolti per strada; le streghe sono i grandi palazzoni di cemento che risplendono attraverso incantesimi mossi dal denaro e gli eroi sono squattrinati barboni. Ed è proprio grazie ai loro occhi che la realtà si deforma, si scompone, riacquistando le sembianze mostruose di un’entità mossa esclusivamente dal denaro, che maciulla e distrugge le vite di ognuno di noi, incatenandoci ad una dipendenza che ci rende schiavi.
Ma proprio come una favola l’eroe alla fine vince la sua battaglia e ci regala il suo trionfo, insegnandoci che l’amicizia e la lealtà rappresentano la nostra vera ricchezza.
Assolutamente da leggere!!!

Ricami D’inchiostro recensisce Teresa ha gli occhi secchi di Alberto Colangiulo

Standard
  • teresa immagineUn Pub, il Nostoi Pub, incastrato tra la salsedine del mare e i profumi di una cucina forte che si esprime e imprime per dissonanza di ingredienti.
  • Un uomo, il ‘Vara, personaggio fiabesco dalle mille sfumature. Un acrobata di storie e sentimenti o forse un pirata sfuggito ad una tempesta, finito tra le braccia di un porto e di un donna: Teresa.
  • Teresa, il suo collo seducente e i suoi occhi. Secchi.

Questi gli ingredienti speziati dell’ultimo romanzo di Alberto Colangiulo, autore salentino che abilmente mescola, grazie alla sua penna incantata, dissonanze e opposti, impastando la storia di un omicidio a quella di un porto, espressione di una terra selvaggia e meravigliosa. Troppo bella e incontaminata per essere apprezzata dai suoi abitanti, i Pelacani.
Teresa ha gli occhi secchi, edito da Lupo Editore, rapisce, coinvolge e lascia navigare il lettore tra le onde di una tempesta di sentimenti che schiaffeggiano, costringendo a riflettere sui grandi interrogativi dell’essere umano.
Il ‘Vara primeggia orgogliosamente conscio del suo fascino perverso. Uomo dai mille abissi che induce a far sprofondare l’anima per assaporare davvero la bellezza di una vita che deve sempre essere pienamente vissuta. Quasi come se fosse un piatto, uno dei suoi, dove tutti gli ingredienti si sfidano in una lotta di sapori e dove le dita vanno inzuppate tutte nel piatto, senza galatei, perché solo così il sapore ti attraverserà.
E poi Teresa, donna seducente e silenziosa, che si muove tra le ombre del Nostoi Pub servendo birra e pulendo tavoli. Intorno a lei favole e tempeste si muovono, fasciando il suo corpo di mistero e di bellezza. La sua storia centellinata tra le pagine del romanzo induce ad incollare gli occhi al libro lasciando che la nave guidata dall’autore attraversi un oceano di pensieri, tra indagini e ricordi, tra leggende e ricette, tra l’apparenza e il vero essere.
Magistrale la penna di Colangiulo che riempie di sfumature una storia forte e incisiva.

La lettura del libro crea dipendenza e alla fine ti viene voglia di andare al Nostoi Pub per bere un Bambinello, mangiare maltagliati ruvidi di grano duro con melanzane e cozze, e sopratutto per sentir cantare il ‘Vara e la sua vita, mentre le tue dita affogano nel piatto.

“Dietro ogni azione c’è sempre un sentimento che la muove.
E i sentimenti sono solo due, come in due è diviso il giorno, come in due sono divisi i suoni. O c’è musica o c’è silenzio. O è giorno o è notte. O è amore o è odio. Tutto il resto sono solo sfumature continue di questi opposti. E allora sarà un sentimento dolce, sfumatura dell’amore, che ci farà donare un fiore, o sarà l’invidia, sfumatura dell’odio, a farci commettere brutte azioni, con le mani o con le parole.”

Ricami D’inchiostro recensisce D’amore e Ombra di Isabel Allende

Standard

ombra

• L’amore tra due ragazzi

• La storia atroce di una dittatura

• Gli sconfinati paesaggi di una terra meravigliosa: il Cile

Mix incandescente, sorprendentemente dosato da una Allende caustica, D’amore e ombra, romanzo del 1984 dell’autrice cilena, lascia affondare il lettore nella grande storia.
Francisco e Irene, come moderni Renzo e Lucia, sono immersi completamente nello sfondo rivoluzionario di una storia gigante e crudele che investe la vita degli individui, costringendoli ad abbandonare le certezze di una vita ordinaria. La Allende plasma la materia letteraria modellando dei personaggi tridimensionali capaci di imprimersi con tenacia nella mente del lettore.
Irene e Francisco sono i vertici di due mondi contrapposti che si compenetrano grazie alla magia di un amore travolgente e passionale, sentimento dipinto dall’autrice con rinascimentale cura della bellezza e della poesia. Irene è solare, piena di interessi, borghese e idealista; crede di vivere in un mondo incontaminato, così come i genitori le hanno scrupolosamente fatto credere.
Francisco, un ragazzo con le mani sporche di realtà, rivoluzionario e politicamente attivo, fa parte di un’organizzazione segreta che aiuta le persone a fuggire dal regime dittatoriale.

“Francisco non indietreggiava nel momento di affrontare la violenza, era una anello di quella lunga catena umana che si muoveva nella clandestinità e lui conosceva la dittatura dietro le quinte. (…)
Ma la repressione non l’aveva ancora toccato, riusciva a scivolare sfiorandola appena, sempre sul bordo dell’abisso”

Due mondi paralleli quelli della giornalista e del fotografo costretti a scontrarsi e a pervadersi dinanzi alla scomparsa misteriosa e sospetta di Evangelina Ranquileo, una giovane contadina affetta da isteria, portata via dalla polizia.
Magistrale è l’opera della Allende che riesce a mescolare, attraverso la potenza della sua scrittura, l’atroce palcoscenico della dittatura di Augusto Pinochet ai profumi inebrianti della sua terra, creando un anfratto letterario nel quale l’amore tra i due protagonisti sembra divenire l’antidoto alle brutture della realtà. Nonostante tutto riescono ad amarsi, Irene e Francisco, e le pagine dedicate al loro amore pungono il cuore di cristalli incantevoli di parole.

Assolutamente da leggere e conservare.

Ricami d’Inchiostro recensisce Una Stanza Tutta per Sé di Virginia Woolf

Standard

virginia

Un capolavoro.
Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf è un’opera sacra per l’emancipazione femminile.
Viene scritto nell’Ottobre del 1928 in occasione di due conferenze sul tema “Le donne e il romanzo” tenute dall’autrice inglese presso l’università di Cambridge.
La sensazione che questo libro lascia è quella forte di una bruciatura profonda sull’epidermide sociale e letteraria di ogni donna.
La Woolf, attraverso i tempi di una narrazione romanzata nella quale il saggio cede il passo al racconto, ripercorre il rapporto donna-scrittura nella storia degli ultimi secoli, denunciando con toni forti l’assenza di scrittrici nella letteratura.
Turbolenti sono gli interrogativi dell’autrice: “Perché gli uomini bevono vino e le donne acqua? Perché un sesso è così prospero e l’altro così povero? Quali sono le condizioni necessarie di un’opera d’arte? Come poteva una donna dedicarsi alla scrittura – si chiede la Woolf – se non possedendo una stanza tutta per sé e cinquecento sterline di rendita annua?” stanza
Le sue conclusioni sono straordinariamente lucide e legate ad un’attenta analisi sociale che riconducono l’assenza della donna nella letteratura alla causa di una mancata emancipazione. Il passaggio da personaggi letterari a scrittori comincia proprio nel momento in cui riescono ad ottenere la stanza, metafora di un ruolo e di un peso sociale diverso.
L’immagine della stanza riemerge con insistenza nel testo: la stanza prigione della donna oggetto umiliata dal potere maschile, la stanza della borghesia del primo Ottocento in cui Jane Austen comincia a scrivere i suoi romanzi, la stanza prigione che lentamente diviene rivalsa.
Brucia la metafora della Woolf e spinge le donne verso l’emancipazione.
Un capolavoro da passare a memoria e da recitare sui grani di un rosario quotidiano, perché è un testo ancora attuale. Ancora terribilmente attuale.

RICAMI D’INCHIOSTRO recensisce IL BACO DA SETA di ROBERT GALBRAITH

Standard

robertgalbraith_ilbacodaseta
・ Una scena del crimine al limite dell’umano;
・ una vittima: Owen Quine, scrittore;
・ un manoscritto: il Bombyx mori, sparito nel nulla.

Questi gli ingredienti de “Il Baco da Seta”, il nuovo lavoro di Robert Galbraith, pseudonimo della scrittrice britannica J.K Rowling.

Ancora una volta il bisturi d’inchiostro della Rowling affonda nelle membra dell’umana sostanza, svelando i lati più oscuri dell’animo umano. Descrive il mondo dell’editoria, i suoi personaggi manovrati da giochi di denaro e i cambiamenti che la stanno investendo e trasformando nell’era del digitale.
“Il baco da seta rappresenta una metafora dello scrittore e dell’agonia cui è sottoposto perché se ne possa ricavare qualcosa di prezioso. Nient’altro”
Stupisce la Rowling, ancora una volta, innalzandosi anche a geniale scrittrice di gialli.
Stupenda la sua Londra innevata, la sua Londra dei pub e delle linee di metro nelle quali ci fa correre sulle tracce del manoscritto di Quine, attraverso le sue descrizioni impressioniste.
Impeccabile come sempre la sua scrittura, calibrati e sconvolgenti i personaggi.

ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE!!!